Credenze tra i balanta – Pro manoscritto – (di Pussetto)

Credenze tra i balanta – Pro manoscritto – (di Pussetto)

Tra i molti spiriti dei Balanta (spiriti dei defunti o spiriti di natura) uno ha la caratteristica di poter o di dover mutare la sua dimora quando è espulso da DJAMBACOS (mago – indovino) che in questo caso diventa esorcista.

Si tratta dello spirito cooperatore del mago stregone che si serve di lui per le sue azioni antisociali. La sua presenza è rivelata dall’odore di aglio o cipolla che emana una un’erba del bosco.

Chi percepisce la presenza di questo spirito è tenuto a parlarne con il membro della propria famiglia che abbia autorità o una persona “grande” del villaggio perché prenda le misure necessarie ricorrendo al djambacos, altrimenti la persona interessata viene colpita da malattia o da morte.

Non tutti hanno ‘occhio testa’ per vedere gli spiriti, ma chi ha questo potere può allearsi con uno spirito cattivo del quale diventa, in pratica, “padrone”. Si dice che una donna che ha tali potere si sposa con uno spirito maschio, mentre un uomo si sposa con uno spirito femmina. Tanto lo stregone (feticeiro)quanto la strega (feticeira) non possono avere figli propi, e se per caso, una strega da alla luce un figlio, oppure lo stregone ha un figlio da una donna, essi devono sacrificarlo allo spirito cooperatore sotto pena di morte.

Generalmente strega e stregone installano il proprio spirito cooperatore in un albero della foresta, ma se si tratta di un “uomo grande” o di una “donna grande” lo possono installare nella propria casa o nella morança “parte di un villaggio dove vivono persone delle stesso lignaggio”.

Si crede che strega e stregone non solo devono sacrificare i propri figli naturali allo spirito cooperatore, ma hanno il potere di strappare l’anima di altre persone per offrila al loro spirito. A volte possono gratificare lo spirito protettore della morança perché conceda loro il permesso di sacrificare al loro spirito l’anima di qualche bambino della comunità.

Tra i balanta bi-ntohe (che dicono di chiamarsi bi-rasa) si crede comunemente che gli stregoni, e alcuni dicono anche le streghe possono trasformarsi in coccodrilli (irtchabra) per uccidere le persone, prende loro l’anima e farla rinascere da una donna della propria morança per aumentarne i membri.

Generalmente scelgono persone di valore e di buon carattere. Tra i balanta (bi-rasa) che però sono chiamati dagli altri Bi-unque, tanto la strega come lo stregone si trasformano in lobi( si tratta però di iene) per uccidere uomini e donne per sentimenti di vendetta. Tra i primi, quelli che hanno il potere di trasformarsi in coccodrillo ne parlano con altre persone “grandi”, tra i secondi cioè tra i Bi-unque (cioè tra i balanta di Nhacra) nessuno dirà ad un’altra persona che si può trasformare in lupo. Ciò si spiega col fatto che mentrei i primi, sebbene compiano azione antisociale, dopottutto operano per il bene del proprio gruppo; invece i secondi compiono un’azione antisociale solo per il loro desiderio di vendetta. Tanto gli stregoni come le streghe possono trasformarsi in gatti, serpenti o avvoltoi per rubare le anime delle persone e offrirle al loro spirito cooperatore. Di notte quando qualcuno vede un gatto chiude istintivamente le gambe, perché il gatto non ci passi in mezzo facendolo così morire. Una paura orribile invade la gente quando di notte ode miagolare un gatto

I GEMELLI

Tra i balanta i gemelli sono considerati esseri normali (contrariamente a quanto pensano altre tribù illeterate) a fatto però che nascano di testa e non di gambe, nel qual caso vengono eliminati.

Questo comportamento tiene la sua spiegazione nel fatto che, secondo la credenza dei balanta, un gemello che nasce con le gambe avanti diventerà un potente stregone che ucciderà tutti i membri della morança.

Per questo motivo il gemello o i gemelli che nascono in questo modo vengono buttati. Non si parla mai di omicidio anche se si tratta di INFANTICIDIO. Nei villaggi c’è sempre una persona uomo o donna, incaricata di questo compito. Durante la notte dopo essersi procurato un uovo o più a seconda della circostanza si parta con i bebi o col bambino in braccio in un luogo conveniente. Pone il bambino per terra e poi scaglia l’uovo un po’ lontano. Se il bambino, dicono, l’ingoia l’uovo si trasforma in serpente e se ne va nella foresta. Se ciò non succede “colui che butta” scava una piccola fossa vi siede il neonato o i neonati e vi si pone in testa una giara e assesta per bene la terra tutt’intorno. Fatto quanto necessario se ne ritorna a casa senza compiere nessuna cerimonia particolare.

L’uccisione di questi neonati è una prova dell’odio che i balanta nutrono per gli stregoni e per le streghe. Questo odio nasce dalla paura causata a sua volta dal pregiudizio di ciò che la strega e stregone passono fare col loro comportamento antisociale.

Soltanto un potente  “agamhacos” detto “h’queda” può combattere o neutralizzare lo spirito cooperatore della strega o dello stregone. Il “h’queda” ha il potere di vedere lo spirito cooperatore e di combatterlo in virtù della sua “Camicia di ferro”, una corazza invisibile che lo rende invulnerabile agli attacchi degli spiriti cattivi e può allontanarle dal posto dove abitano.

Il “Agambracos” ha pure il potere di scoprire uno stregone o una strega e di denunciarli alla comunità. In questo caso i blufu, cioè i giovani che appartengono alla 3°,4°5° e 6° classe d’età, catturano lo stregone e lo portano sotto l’albero che è dimora del loro spirito protettore, lo percuotono malamente e poi lo lasciano libero a condizione che riconosca la propria colpa.

Nel caso che la supposta vittima dello stregone è uno dei “blufu”, allora lo battono a sangue, ma non lo uccidono. Lo sporcano di sterco e urina. A volte gli interrano i piedi e solitamente poi gli accendono il fuoco sotto i testicoli. Dopo un simile trattamento lo stregone può anche morire. Per questo le persone implicane in questioni di stregoneria, se prevedono di poter essere accusati, fuggono dal villaggio con tutti i membri della famiglia per sottrarsi al peggio, le persone in simili circostanze, la loro casa viene demolita dagli abitanti del villaggio.

LA FORZA VITALE

NELLA VISIONE DEL MONDO DEL POPOLO “BRASA” (BALANTA)

PREMESSA

Non ci sono criteri universali i quali possono giudicare le varie culture dei popoli. Tutte le culture sono manifestazioni dell’uomo. Dato che non esiste un uomo uguale all’altro, così pure non ci sono due popoli culturalmente identici. Attraverso il fattore culturale ogni popolo esprime la sua identità, la sua visione del mondo, le sue profonde speranze e le sue tecniche per realizzale in questo mondo pieno di confronti. Ogni popolo legge la sua realtà, che è limitata nello spazio e nel tempo in cui è chiamato a vivere. La differenza culturale della famiglia umana indica la multiforme varietà dell’ambiente vitale, che marca profondamente il cuore di ogni popolo.

L’uomo è figlio della sua terra perché li fa la sua esperienza vitale.

IL VALORE DELLA COESIONE ESISTENZIALE.

Una delle caratteristiche del tipo di vita africana è il senso della comunità, il suo vivere assieme, essere profondamente in relazione con gli altri. Visibili e invisibili.

L’africano vive in un ambiente difficile e ostile. La foresta è buona ma è pure sconosciuta, quindi misteriosa e insidiosa. Il villaggio invece è conosciuto, quindi amico. L’opposizione villaggio/foresta è rappresentato dal recinto “MBUM” (entrata del recinto che circonda il clan) che introduce nel “FIERE” (è la parte del recinto, patio è il vuoto dove non ci sono le case, il cortile , spazio riservato alla danza) (Ambiente geografico interno il clan; spazio vitale e per espansione: il mondo della famiglia umana) cioè il luogo vitale, la dimora della comunità.

Il concetto della comunità non è relativo solo al fatto demografico e sociale, ma molto più profondo.

Alla domanda che si fa ad un balanta: “UI HA U KA?!(Chi sei tu?) lui risponde “NI N KA U-RASA” (io sono un balanta)

URASA non dice relazione ad un luogo geografico, ma ad un popolo “BINHAN BRASA” (popolo balanta) anche se HAL URASA (il balanta) vive da qualche generazioni fuori del proprio territorio, per es BOTCHA FONTA, (zona di Quinara) BI-NALU,(zona del Sud) BABM, (paese dei bianchi).(Territorio Biafada con capitale Nalus e comprende le regioni amministrative di Quinara, Tombalì, Bissau).

Alla base di questo popolo africano c’è tutto un mondo spirituale e religioso che da senso e coesione alla struttura politica e sociale.

STRUTTURA POLITICA TRADIZIONALE

Si dice normalmente che l’africano è un individuo collettivo, cioè fortemente unito al suo gruppo. Quando si parla di gruppo si dice “capo” colui che impersona e rappresenta gli altri. Questa unità personificata non ha tanto funzione di esprimere le volontà popolari, di governare e orientare i membri, ma soprattutto ha una funzione vitale in quanto il capo è l’anello che unisce il mondo visibile col mondo invisibile. Il capo è figlio degli antepassati ed è anche il padre dei discendenti.

Questa attitudine è generale nella cultura dei popoli africani, sia che vivano in un regime centralizzato (es reame) e sia che vivano in regime no centralizzato come avviene tra i balanta “BINAN BRASA” (il popolo balanta) è un popolo rurale, agricolo, detto senza struttura di stato perché non ha un re e neppure un regolo.

La struttura politica balanta è basata sul “CPAN” (clan) che è il nucleo famigliare autono e indipendente anche economicamente. L’insieme delle “CPAN” formano il villaggio, che è in realtà addizionale, ma organizzata perché presta i servizi pubblici attraverso la riunione degli anziani NSANDE (luogo dove si riuniscono) NI BILANTE, BINDAN (assemblea degli anziani) dove i BLUFU (giovani o minori socialmente parlando) non sono ammessi.

La loro funzione è quella di garantire le buone relazioni tra i vari CPAN, amministrare la giustizia, intervenire nei casi di calamità, nel marcare i passaggi di età e soprattutto celebrare i riti collettivi.

Il così detto capo villaggio è una realtà recente, creata dal sistema coloniale prima e continuata anche dopo l’indipendenza. Il vero capo balanta non è eletto ma è di diritto naturale.

STRUTTURA SOCIALE

CPAN è il vero ambiente vitale, circoscritto dal FIERE. FA NI CPAN (pater familiae – capo clan – patriarca) è il perno di vita su cui gravitano le donne, i giovani e i bambini. Qui si nasce, si vive e si muore. Per la CPAN si lavora, nella CPAN rimane il patrimonio famigliare e vi si realizzano le alleanze soprattutto matrimoniali: PHALN (matrimonio) HAL NI NHOMA (matrimonio tradizionale del panno lungo) rito di allungare il panno ossia la gonna sotto le ginocchia – sinonimo di matrimonio.

Le alleanze contratte per via di matrimonio (cognati) continuano sempre anche in caso di divorzio.

Al FA NI CPAN spetta la costruzione delle abitazioni, la ricerca della risaia, THAMBE, la ripartizione del raccolto tra i BINAN NI CPAN (gente di casa), fare il testamento, amministrare la giustizia, collocare le figlie, (matrimonio di alleanze)

In caso di conflitto tra i membri della casa tocca a lui dire l’ultima parola. All’espressione NI NDE NA (io ti ho generato) non c’è più appello.

Lui è il sacerdote della famiglia in quanto la funzione di padre FA NI BINAN lo colloca come mediatore unico tra gli esseri visibili e invisibili. Lui è il depositario dei misteri della vita (il saggio) e soprattutto l’elemento conduttore del flusso vitale che ha le sue origini in NHALA (l’Essere creatore)

Per questi motivi il rispetto verso il FA NI CPAN è più forte della più forte contestazione.

ASPETTO RELIGIOSO

La cultura appartiene al mondo del linguaggio e della comunicazione. Attraverso questa l’uomo esprime la sua riflessione sulla vita, la sua logica e le sue esperienze vitali. Le parole, i gesti e i riti sono comprensibili solo nel suo contenuto, nel messaggio che vogliono trasmettere in merito alla vita, alle sue origini, ai suoi orientamenti, alle sue problematiche e alle sue soluzioni. La vita africana, così ricca di simboli, trova la spiegazione più profonda, la chiave di volta nella dimensione religiosa. La credenza del popolo balanta e significativa.

Prima della creazione c’era BRUM = oscurità, buio, tenebra, le tenebre cioè mancanza di sole di vita. Solo NHALA, essere supremo – Dio, esiste. Questo essere supremo FADN (grande ossia la caratteristica di Dio) non è creato, ma crea e sovrasta tutto come NHALA (il cielo). RESE (la pioggia) è la moglie, simbolo della fecondità agreste. Da NHALA vengono all’esistenza il sole, la luna, la separazione della terra dall’acqua con i rispettivi SFADN (i geni naturali non umani). Questi SFADN sono delle forze vitali incaricate da Dio a vigilare sull’armonia del cosmo, assicurare la fecondità e la prosperità, garantire l’equilibrio delle forze naturali con quelle umane. Tutto ha valore perché tutto è informato dalla vita (animismo).

PSAE (albero della vita – simbolo del genio umano a livello di villaggio) il POLON è il simbolo del FADN che si trova normalmente presso la famiglia più anziana del villaggio. Anche il CPAN ha il rispettivo FADN che può essere NTHISN (simbolo della vita a livello clanico) un alberello (pulga) a foglie sempre verdi oppure un tempietto di paglia.

Dopo i FADN vengono i BI-ULE che sono i fondatori eponimi, gli antenati. La casa ha il A-ULE, così pure ogni persona, e corrisponde ad un antenato sempre all’interno della famiglia. Questo spirito è come la forza vitale che si propaga attraverso la fecondità o la reincarnazione.

Il Balanta privilegia il dialogo con A-ULE o BI-ULE, spirito umano/divino a lui ricorre tutte le volte che ha bisogno di aiuto. Ogni rito che si fa ad A-Ule la relazione all’Essere supremo può essere esplicita A NHALA FUD (se piace a Dio)se Dio grande sottinteso vuole, o implicita. Il rito cerimonia che si fa in questo caso si chiama FINTCHINDE = cerimonia, rito sacro, in caso di divinazione invece QUI-BELE NI SIE rito di divinazione( nome della cerimonia del mago indovino.

Il mondo degli BI-ULE è vasto: c’è NFIL è il nome del ciuffo dell’animale frintambar, piccolo capretto selvatico, spirito dell’equilibrio silvestre. A-UTHA quello campestre(spirito che causa furuncoli e provoca escrescenze e suppurazioni); ATOMPA quello della lebbra; PUL del bestiame (spirito degli animali domestici)nome usato dai balanta kintoe tra i Balanta Brasa è QUI-FRUGRE.

A-ULE è anche il legislatore, colui che ha dettato la norma di vita, cioè la tradizione morale con tutte le sue leggi e interdetti. La tradizione assicura il buon cammino della vita. Chi è fedele alla tradizione trova la vita, chi invece si allontana dalla tradizione trova la morte A-ULE HAB-NA lo spirito l’ha ucciso. Ci sono esseri umani come SIGUE indovino TCHABU mago stregone FERA spirito pericoloso HAL MAT_NI BIC mago indovino cioè veggente, medium, colui che vede ciò che altri non vedono nelle relazioni con gli spiriti e i defunti. Hanno una particolare relazione con gli ULLE alcuni di loro sono pericolosi FERA, SEIE e TCHABU

Tutto questo mondo di spiriti accompagna costantemente la vita del balanta dal suo nascere fino al giorno della sua morte.

LA NASCITA

La vita dell’africano è intesa come uno spazio di tempo in cui l’individuo fa la sua esperienza terrestre. Questa esperienza comincia con la nascita. Ma ancor prima di nascere l’individuo appartiene al mondo degli vivi invisibili. La gestazione e la nascita sono considerati come una entrata nel mondo di un essere già esistente NHALA IAN-MA-NI Dio lo fa uscire (dal mondo degli spiriti) e lo introduce nel mondo dei visibili = nascita. Significative sono le cerimonie della gestante, la quale consulta gli spiriti per sapere “Chi è il nascituro” “cosa farà” c’è in lei l’atteggiamento di accettazione e di attesa perché  Dio manda il figlio e lei deve essere pronta a riceverlo NHALA IAN MA NI.

L’atto della nascita e detto BDE (DEA partorire) ed è subito marcato da una sepoltura, fatta nell’intimo della casa, quella del cordone ombellicale e del resto della placenta. Queste parti vitali appartengono al CPAN e qui vengono conservate fino al giorno in cui avviene l’ultima sepoltura, quando Dio richiama l’individuo NHAL IOMA Dio l’ha preso, cioè il giorno della morte.

Questo far entrare nel mondo ID-MA-NI e questo far uscire dal mondo ITMANI è azione di Dio, il quale agisce attraverso la mediazione degli BI-ULE.

Subito dopo la nascita si lega al braccio del bambino NFIL che è il simbolo dello spirito protettore. Queste cerimonie sono celebrate dalla ANIN NDAN (donna anziana) che assieme al FA NI PAN (Pater familiae) sono i depositari terrestri della nuova vita.

Il nome che si da al bambino comporta sempre un nesso tra il mondo visibile e quello invisibile. L’uomo si trova al centro di questa relazione.

L’analisi dei nomi CTUE esprime sempre un rapporto tra i due mondi: da una parte Dio e i suoi alleati e dall’altra la natura terrestre e i suoi alleati. Per questo il nome esprime sempre un concetto di armonia/disarmonia, benessere/malessere, avvenimenti felici/infelici…

Mano a mano che il bambino/a cresce è iniziato inun sistema di educazione che accompagna le varie tappe di età. Questo sistema di classi di età non solo avvia il ragazzo/a al lavoro pratico, ma li introduce al mistero della vita fino alla sua maturazione. L’educazione è data collettivamente ma con divisione di sesso.

La tappa più completa per l’uomo è il “FO” la circoncisione, dove l’uomo diventa maggiorenne culturalmente e socialmente con pieni diritti e doveri davanti al mondo visibile e invisibile (è tutto il periodo con le istruzioni, cerimonie fatte nel tempo che vivono nella baracca, non è solo la circoncisione), A-LANTE NDAN (uomo anziano). Per la donna invece dopo essere passata da NBI FULA (bambina), FULA (ragazza), FULA NDAN (ragazza grande – signorina), IELE (giovane sposa), THATA (donna durante il suo ciclo) SADE (donna dopo la menopausa)ed entra nel gruppo delle BI-NIN BI-NDAN (donne anziane) che la rende adulta, saggia e sacerdote.

A livello di villaggio ci sono altre corporazioni sociali e religiose che assicurano certi servizi collettivi: giustizia, sepoltura, consultazioni, come le FIERE IAPTE (il gruppo delle donne che riportano l’anima agli ammalati) donne che introducono al mondo – levatrici – intermediarie religiose – sacerdotesse. Il sistema sociale ed educativo africano è ben organizzato perché basato sulla tradizione, che è unitaria ed unificante. L’aspetto della rassegnazione, che alcuni osservatori superficiali possono notare, è piuttosto un’attitudine di fiducia a quel tipo di vita garantito dalla tradizione e che assicura il successo globale LAGUE A N’HALA (ritorno a Dio-morte) nel momento della morte, festosamente accolto da tutti i membri del CPAN e da tutti gli esseri invisibili.

LA MORTE

La morte è un fenomeno che non lascia indifferente nessun popolo. Ognuno ne da una spiegazione secondo la sua credenza. Dall’analisi di questa credenza possiamo vedere l’attitutdine che un determinato popolo prende davanti alla morte.

Come tutti gli africani, anche il popolo balanta considera la morte CLODE (morte) come un momento felice, anzi gioioso NERE KAFE (danza del pianto) celebrazione della vita fatta quando muore un uomo o donna anziani, quando si tratta di una persona sazia di anni e al limite delle sue energie. Egli è convinto che dopo questo momento può andare a riposare dalle fatiche TO IEPNA (andare a riposare) ed entrare a far parte della vera vita LAGUE A N’HALA (ritorno a Dio) dove è accolto da tutti i suoi antenati BI-ULE anzi in un certo senso diventa A-ULE lui stesso.

Per questo è vestito a festa, gli si offrono dei doni, ed il numero delle vittime uccise dimostrano il festoso accompagnamento dei vivi verso la casa degli antenati. Anche il più povero che muore, ha il diritto ad un minimo di festa di cui mai nella vita è stato oggetto di tanta attenzione.

La camera ardente allestita nel FIERE vicino al FRAM (baracca fatta di terra coperto di paglia) al centro del villaggio che è il santuario del CPAN. Il defunto è seduto sopra un alto trono sotto cui i familiari narrano le gesta a tutti gli invitati, che vengono dappertutto chiamati dal FINDON (questo è usato per tutti gli choros non è usato se c’è l’altro usato per chiamare la gente) tam-tam grande o FINKILIN tam-tam piccolo, usato per il choro grande usato per narrare le gesta. Verso le ore 17.00 il defunto è sepolto in una fossa a forma di elle, di modo che il corpo è collocato sulla parte trasversale in atteggiamento di riposo.

I riti della sepoltura hanno un carattere di purificazione e di esorcismo. Nel caso di una donna anziana si mette in luce il valore della fecondità, che è proprio la caratteristica della donna. Il balanta non fa molte preghiere esplicite, ma esprime la sua solidarietà con il defunto attraverso gesti e simboli.

Interessante è il fatto che Dio rimane l’unico giudice della coscienza dell’uomo. Anche nel caso di una sepoltura fatta in grande pompa  se la coscienza dell’individuo non è purificata dal pentimento NAN FLUMI (accettare la propria colpa –riconoscere la colpa – pentimento) e dal perdono BI KI-MA IS (gli è stata tolta –sottinteso- la colpa, (essi lo lasciano:ha significato di perdono)costui non solo non LAGUE A N’HALA, ma viene segregato dal resto dei vivi, è abbandonato nel KALABUS dove soffre le pene del GLECIA (inferno) fuoco  concetto derivante dal cristianesimo e dalla religione mussulmana.

Al di fuori di un decesso di una persona anziana, la morte è sempre considerata come una rivolta, un disordine e un rifiuto. Anche in questa occasione hanno luogo le diverse cerimonie che manifestano l’attitudine a conoscere la causa di questo male: quale spirito è irritato, chi è l’intermediario, perché gli è stata tolta la vita… È una specie di investigazione che si fa nel mondo del visibile come in quello dell’invisibile.

Le presenze degli spiriti malefici è riconosciuta dal popolo balanta che chiama i suoi intermediari col nome di HAL MAT-NI BIC (colui che vede)-FERA (colui che fa malefici)- KCIABU (stregone)- SIGE (un mentitore persona molto infida mago stregone).

Anche la malattia è vista sotto la logica vitale. Per l’africano come per il balanta la malattia SIM ARAHE (sentir dolore) UOM KO (mangiare la testa –espressione idiomatica che vuol dire dolore di capo) prima di essere considerato un fatto patologico è un momento in cui l’uomo fa l’esperienza di uno squilibro ontologico, una diminuzione del flusso vitale, debolezza di vita. Per questo prima di somministrare la medicina tradizionale si ricorre al rito religioso attraverso il quale si ristabilisce l’equilibrio retto, le dipendenze di uno stato di armonia normale. È tutto un linguaggio che esprime le incidenze della vita in relazione alle forzwe cosmiche e naturali. Qui entriamo nel mondo del male e del maleficio, il vero nemico della vita.

CONCLUSIONE

L’atteggiamento profondo di tipo di vita dell’uomo africano conduce alla conclusione che il mondo nel suo complesso è un composto di tre elementi: Dio, l’Uomo, la Natura. Ogni elemento, pur essendo profondamente differente, rimane intimamente legato all’altro.

Questa unione è caratteristica non tanto da una causalità meccanica né da una emanazione di panteismo, ma da un processo di vita che assicura: esistenza – individualità – armonia – prosperità – continuità. È come un ciclo vitale che fa nascere, crescere e si sviluppa per sempre.

Dio – l’uomo – la natura sono intesi come agenti vitali che contribuiscono, secondo la lor funzione, a fare esistere tutto l’insieme. In questa logica non c’è posto per il caos, neppure appare un potere assoluto fatto di forze occulte e oppressive; ma sembra cogliere il principio di una vita che si riceve per comunicare: questo dare e ricevere è intimamente desiderato.

L’etica fondamentale consiste nella fedeltà a questo principio vitale (bene) mentre la rottura di questo ciclo vitale costituisce il male.

Bene e male non sono lasciati all’inventiva personale, ma sono orientati da una norma pratica, cioè la tradizione del popolo, che nella sua realtà circoscritta dal tempo e dal luogo, garantiscono la riuscita nella vita. L’uomo africano si trova bene in questo sistema vitale.

Rimarchiamo infine che l’africano più che proprietario di vita si sente gestore di vita. Egli, chiamato all’esistenza, diventa un momento vitale, un passaggio di un grande dono che riceve dagli antenati, e che trasmette ai posteri. Questo dono è sperimentato qui su questa terra, perché la vita in astratto non esiste.

Salvatore Camilleri (TITE)

CLASSI O GRUPPI SOCIALI DEI BALANTA

Bambini

Gruppo dei bambini non costutuisce una classe d’età.

Dalla nascita ai nove anni circa NBI-NDOCN BI-SONH

Dalla nascita un divinatore (indovino) “butta la sorte” per sapere qual è antenato che si è rincarnato nel bambino. Gli viene dato il nome dell’antenato riconosciuto o un nome che rispecchia situazioni particolari in cui la famiglia si trova. Es: CASTIGO nome di ragazzo. Esiste un altro nome con cui viene chiamato solo dal papà e dalla mamma e da pochi altri per lodarlo incitarlo ad atti particolari di bravura, lotta, danza, musica, canto ecc.

Cerimonia per bambini ammalati.

Appena sono in grado i bambini, iniziano l’attività di pastorelli.

1° gruppo

QUI-FETA (NFETA sing) fino ai 14 anni circa, non in tutte le zone.

Il passaggio nel gruppo di QUI-FETA non richiede cerimonie particolari, ma i ragazzi interessati si adornano il petto, le braccia, le gambe oggetti triangolari di alluminio, di plastica o foglie di palma intrecciate (sibi, ramo di palmera) (Borasus flabelliformis)Continuano a fare i pastorelli.

2° gruppo

nella nostra zona il 2° gruppo è detto QUI- N’HAE dai 15 ai 18 anni circa, i più giovani di questo gruppo sono chiamati ARUTA (ARUTA sing) è i più anziani sono detti QUI-NDA

I ragazzi N’HAE vestono sacchi o vestit molto ampi oppure a frange. Usano una cinghia di liane (di fole) e braccialetti dello stesso tipo alle braccie e alle gambe. Portano poi un spada o un lungo coltello appeso al collo ma pendente sul fianco oppure appeso alla cinghia, ma sempre sul fianco. Portano un corno di bufalo, o di vacca o di montone che contiene una medicina avendo lo scopo di renderli immuni dalle ferite. Una parte di detta medicina è costituita da insetti. A costruire tale talismano non sono i balanta ma i mandjaco, altro popolo illeterato del luogo.

Usano tagliare i capelli sulla nucca oppure nells fronte. Usano maschere e si ricoprono molte volte la faccie e braccia con ocra. Portano in mano o paeese al corpo pesanti campanelli.

Per tutto questo periodo devono osservare l’astinenenza rituale per quanto riguarda il sesso. Se uno sbaglia tutto il gruppo di cui fa parte deve pagare una forte multa, tutti i membri del gruppo vengono battuti a sangue, ma chi sbaglia riceve il doppio delle botte.

Quando delle ragazze (non donne) vengono ospiti nel villaggio gli NHAE devono procurare e uccidere galline o porci e procurare vino di palma per le ospiti.

Possono danzare o suonare con loro ma non andare oltre innocenti scherzi.

Le persone grandi del villaggio possono assistere alle danze, ma senza entrare nel luogo delle danze, o possono anche ricevere da bere. In queste occasioni cli gli anziani degli NHAE, o anche tutto il gruppo, possono essere presi di forza, se occorre, per essere immessi nel 4° gruppo degli QUI-NHESS

3° gruppo

Gli NHESS dai 18 ai 23-24 anni

Quando tutto corre normale e non si aspetta resistenza da parte dei giovani per entrare nel 4à gruppo, tutti i BI-LUFU cioè i giovani appartenenti al 3° al 4° al 5° o 6° grupo si radunano per discutere sotto un grande albero (poilon)      un posto claro risiede lo spirito protettore del villaggio. Allora decidere quali degli NHAE devono entrare a fare parte degli NHESS sono i giovani del 6° grupo cioè i BI-DOC-NDAN. Mentre a prendere i giovani predestinati al 4 grupo sono i più anziani degli NHESS e quelli del gruppo seguente cioè i C-THON di cui parleremo subito dopo.

Quando invece i ragazzi NHAE sono renitenti ad entrare nel 4 gruppo

I BIDOCN BINDAN del 6° gruppo si radunano di notte e poi fanno prendere con la forza i giovani NHAE, ricorrendo a botte e ferite se necessario dagli NTHON

Sia che i giovani siano conscienzienti o renitenti vengono denudati e spogliati di tutti gli oggetti che portano nel corpo, oggetti e vestiti vengono appesi ad un albero. Viene dato loro un vestito nuovo, un collare di perline profumi e braccialetti, un grande fazzoletto da mettere a tracolla e cose varie per la toelette

Qui comincia la convivenza con una donna sposata di un villaggio lontano per una settimana. Se i giovani sono in più dormono a turno con lei durante la notte.

Terminata la settimana ognuno ritorna alla propria morança.

Quando vanno in giro devono essere sempre accompagnati da un ragazzo o da un giovane, non possono fermarsi a parlare con ragazze, non possono scherzare con le donne. Sia nel proprio villaggio che fuori devono mangiare in casa. Solo se lavorano i campi è permesso loro di mangiare all’aperto.

Nel proprio villaggio devono accontentare le donne ospiti o per lo meno dormire insieme. Se le donne fanno rimostranze ? vengono battuti e messi in ridicolo da tutta la gente. Per mantenere buone relazioni con gli uomini grandi sono tenuti a procurare loro vino di palma ed altre bevande alcoliche. Nelle feste gravano su di loro le spese più forti.

4 gruppo

quando un gruppo di giovani entra a far parte del QUI NHESS, un altro gruppo ne esce e diventano CTHON.

Si tratta in genere di giovani dai 24-25 anni fino ai 35

Essi portano sul fianco un lungo coltello e vestono normalmente come gli “uomini grandi” ad eccezione del cappello rosso. Spetta a questo gruppo difendere gli altri giovani e i vecchi quando durante la festa si viene a contesa con gruppi di altri villaggi.

Spetta loro prendere fa forza i giovani renitenti poi farli entrare nel gruppo del QUI NHESS

Possono sposarsi e fare una famiglia con una ragazza, se fortunati, o con una donna già sposata come del resto gia gli NHESS.

5 gruppo

I giovani di cui sopra entrano a far parte del 6 gruppo quando altri entrano a far parte dei CTHON, e prendono il nome di BIDOCN BINDAN ragazzi grandi. Vestono normalmente, ma non possono portare oggetti simbolici sul proprio corpo. Spetta loro il diritto di fare passare da un gruppo all’altro tutti i membri dei gruppi più giovani di loro. Soltanto loro possono prendere decisioni al riguardo.

Tutti costoro hanno l’obbligo di farsi circoncidere, mentre nei gruppi precedenti ciò poteva farsi liberamente. Ma spetterà agli uomini grandi decidere il tempo in cui dovranno entrare nel fanado, cioè nel complesso di cerimonie che accompagnano la circoncisione.

6 gruppo

vi appartengono gli uomini che sono usciti dal fanado e sono chiamati NCTHAIR (sing NTHAIR)

la cerimonia della circoncisione è preceduta da quattro giorni di banchetti e gare di canto individuali preparate da mesi (non sono gare di gruppi come nel quesunde)

il quinto giorno verso sera ha luogo la circoncisione. Restano isolati nella “baracca” per circa due mesi. Chi morisse durante questo tempo è considerato maledetto dagli spiriti e sepolto senza cerimonia di notte.

Usciti dal fanado diventano NCTHAIRe non possono più mangiare con i non circoncisi, neppure se figli. Spetta loro uccidere gli animali, al pianto dei morti e dividerne le carni. Possono dare parte delle bevande, che spettano loro ad altre persone, ma non possono berle insieme. Solo le donne anziane che non possono più dare alla luce, i bambini hanno il diritto di bere e mangiare con loro. Perciò si usa dire che la grande donna tiene la sua amarezza”

QUI-NDAN TEN ATHEL na BATCHE

Grandezzaa ha amarezza sua

Anche nelle feste devono mangiare separati dagli altri.

L’autorità di questi uomini già ritenuti “grandi” va aumentando con il passare degli anni, ma molto dipende dalle doti personali prestanza fisica, capacità nel parlare, furbizia, o dal denaro che si possiede, o comunque beni di fortuna. Se possono fare a meno di lavorare lo fanno volentieri.

7 gruppo

È quello dei BI-LANTE BI-NDAN cioè degli uomini grandi propriamente detti. Si entra in questo gruppo gradatamente grazie alla propria iniziativa e fortuna. Sono quelli che difatto detergono tutto il potere anche se no vengono chiamati capi. Uno di loro sarà il il grande fra i grandi designao mediante un divinatore. Tra di loro sono scelti gli C-HO i soli che possono scavare la fossa per i morti. I vecchi che ormai no possono più fare nulla, ma sempre rispettati sono chiamati QUEBA.

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